martedì 28 maggio 2013

L'addizionatrice di Burroughs e la macchina di Baldwin

Nel gennaio del 1885 l'americano William Seward Burroughs presentò domanda di brevetto per una macchina addizionatrice dotata della funzionalità di stampa. Questa macchina funzionava in modo tale che, una volta introdotte le cifre dei numeri per mezzo della tastiera, il movimento di una leva posta sulla parte laterale della macchina provocava la rotazione degli ingranaggi per il calcolo del risultato. La leva, una volta elaborato il risultato, veniva riportata automaticamente nella sua posizione iniziale.




Sempre in questi anni Frank Stephen Baldwin costruì una calcolatrice meccanica a tastiera estesa su cui era montato un carello mobile. La macchina poggiava su quattro piedini di gomma e aveva la tastiera formata da 72 tasti in gomma dura, numerati da 1 a 9 e disposti in otto colonne; alla base di ogni colonna, inoltre, è posto un tasto rosso per l'azzeramento. Le colonne di tasti sono separate tra loro da indicatori visivi per l'impostazione delle cifre decimali e alla destra della tastiera sono situati i comandi operativi. 
Nella parte posteriore della calcolatrice è posto il carrello mobile sul quale sono posti il totalizzatore a sedici finestrelle e il numeratore a otto spazi (per la visualizzazione del moltiplicatore della moltiplicazione e il quoziente della divisione); mentre sul lato anteriore è posizionata l'impugnatura della leva che comanda gli spostamenti del carrello. Inoltre, sul fianco sinistro della macchina è situata la manovella per l'esecuzione delle operazioni, mentre sul lato destro del carrello inoltre si trova un'altra manovella più piccola per l'azzeramento dei visualizzatori.
Ruotando la manovella principale in senso orario si compiono addizioni e moltiplicazioni, mentre ruotando la manovella in senso antiorario si ottengono le sottrazioni e le divisioni. Il risultato delle addizioni, sottrazioni e moltiplicazioni viene visualizzato sull'indicatore inferiore, mentre il quoziente delle divisioni viene visualizzato sull'indicatore superiore, con il resto sull'indicatore inferiore.





domenica 26 maggio 2013

Il comptometer di Felt

Il Comptometer di Felt fu la prima calcolatrice meccanica dotata di tastiera per l'immissione dei dati e, in particolare, fu la prima addizionatrice a pressione di tasti. Ossia, la pressione di un tasto provocava la somma del corrispondente valore nella corretta posizione decimale, senza bisogno di ulteriori operazioni come l'azionamento di una manovella o la pressione del tasto "=". 
Inoltre, per la prima volta veniva adottata una tastiera i cui tasti, una volta premuti, tornavano rapidamente nella loro posizione iniziale. In particolare, la macchina era costruita in modo da evitare la rotazione degli ingranaggi oltre il necessario, avendo un dispositivo che provvedeva al fermo di essi una volta raggiunto il punto di massima escursione.
La macchina di Felt era dotata di una tastiera "ad ordine multiplo", cioè era formata da una matrice di nove file di tasti, uno per ogni cifra (da 1 a 9) e lo zero era prodotto dall'assenza di tasti premuti nella colonna corrispondente.
Nelle mani di un operatore esperto queste macchine erano estremamente rapide nell'eseguire addizioni e l'unico difetto del Comptometer era la mancanza di un dispositivo di stampa che permettesse una rapida verifica dei dati immessi.
Una cosa molto curiosa è il fatto che nel 1887 Felt realizzò il primo prototipo usando una scatola di spaghetti; per questo venne dato il nomignolo di "Macaroni box" ai primi modelli in legno.

mercoledì 22 maggio 2013

La macchina tabulatrice di Hollerith

L’uso di schede perforate fu utilizzato anche in un congegno meccanico per la tabulazione dei dati: la tabulatrice di Herman Hollerith. Questa macchina è importante perché è la prima utilizzata nel campo matematico della statistica: infatti, era all’amministrazione degli Stati Uniti per sveltire i tempi di rilevazione statistica relativi al censimento della popolazione allora in corso (1890). Ispirato dai biglietti ferroviari, Hollerith progettò schede perforate codificate per età, stato di residenza, sesso e altre informazioni.
La sua macchina tabulatrice era basata su un funzionamento molto semplice: un insieme di fili metallici venivano sospesi sopra il lettore di schede, poste in corrispondenza di opportune vaschette di mercurio; una volta che i fili venivano spinti sulla scheda, essi permettevano di chiudere elettricamente il circuito solo in corrispondenza dei fori praticati durante la rilevazione. Il circuito elettrico attivato consentiva l’avanzamento del relativo contatore, avvertendo l’operatore della lettura avvenuta. Proprio per questo la macchina di Hollerith è considerata la progenitrice dei moderni calcolatori elettronici.

Immagine della macchina:



lunedì 20 maggio 2013

Le macchine di Babbage

Con l'industrializzazione, la necessità di eseguire calcoli di ogni tipo andava aumentando; fu in questo contesto che Charles Babbage elaborò i progetti di due calcolatrici: la difference engine ("macchina a differenza") e la analytical engine ("macchina analitica"). Tuttavia, la prima venne realizzata solo in parte e la seconda rimase nello stato di progetto.
Babbage presentò il modello della prima macchina alla Royal Astronomical Society nel 1823. Il suo scopo era quello di creare tabelle di polinomi utilizzando un metodo numerico chiamato il "metodo delle differenze. Questo metodo si basa sul polinomio interpolatore di Newton e la tabella viene costruita nel seguente modo: innanzitutto, se il polinomio aveva grado n, erano necessarie n+1 colonne. Per esempio, se è di secondo grado ci vogliono tre colonne: la prima colonna contiene il valore del polinomio, la seconda colonna contiene la differenza dei valori contenuti nella prima colonna e la terza colonna contiene la differenza dei valori contenuti nella seconda colonna. Il valore della terza colonna è costante perché per ogni polinomio di grado n la colonna n+1 contiene un valore che è costante; questo è cruciale per il funzionamento della macchina. Questo metodo può essere reiterato quante volte. Il progetto prevedeva la possibilità di contenere sette numeri da trentuno cifre; la macchina poteva quindi calcolare polinomi fino al 7º grado.
Inoltre, il dispositivo era di una notevole complessità e di grandi dimensioni strutturali: basti pensare che richiedeva l'assemblaggio di 25.000 parti, e la macchina completa sarebbe stata alta circa due metri e mezzo, larga due metri e profonda uno, con un peso di varie tonnellate
La costruzione di questa macchina iniziò ma non fu portata a termine a causa di due cose: la prima è rappresentata dall'attrito interno, dalle vibrazioni e dagli ingranaggi disponibili a quel tempo, non sufficientemente buoni per realizzare i modelli; la seconda è data dal continuo cambio d'idea riguardo al progetto della macchina.





Invece, con la macchina analitica, Babbage cercò di costruire una macchina che fosse programmabile per eseguire ogni genere di calcolo, non solo quelli relativi alle equazioni polinomiali. Lo schema teorico di questa macchina è universalmente riconosciuto come il primo prototipo di calcolatore generico complesso: infatti, è basato su un sistema di input, un sistema per l'elaborazione dei dati con un dispositivo chiamato "Mill" (mulino), e un sistema di output.
La macchina analitica doveva essere alimentata da un motore a vapore e doveva essere lunga più di 30 metri per 10 metri di profondità. I dati d'ingresso e il programma sarebbero stati inseriti tramite schede perforate, un metodo già utilizzato da Joseph Jacquard per programmare i telai meccanici. Erano previsti tre differenti tipi di schede: una tipologia era riservata alle operazioni matematiche, un altro tipo era previsto per le costanti matematiche e il terzo tipo serviva a caricare e salvare i dati. I dati di uscita sarebbero stati prodotti da uno stampatore e da un arco in grado di tracciare curve e la macchina sarebbe stata in grado di perforare delle schede per memorizzare dei dati da utilizzare successivamente. La memoria interna sarebbe stata in grado di contenere 1000 numeri di 50 cifre.
Un suo progetto concreto venne alla luce nel 1837; tuttavia, in parte a causa di difficoltà simili a quelle incontrate con la macchina differenziale, in parte a causa dei conflitti con i meccanici che stavano costruendo i componenti, la macchina non fu mai costruita.




venerdì 17 maggio 2013

L'aritmometro di de Colmar

Lo sviluppo del calcolo meccanico riprenderà solo nell'Ottocento: infatti, nel 1820 il francese Thomas de Colmar costruì l’aritmometro, un apparecchio portatile. Fu la prima calcolatrice ad essere commercializzata con grande successo: gli esemplari venduti furono più di 1500 nell’arco di trent’anni.
Questa macchina era in grado di eseguire le quattro operazioni, con risultati fino a 12 cifre, ma non poteva essere programmata per eseguire calcoli in successione. Inoltre, un contagiri sull’asse della manovella registra il numero di addizioni e un cancellatore a cremagliera permette di rimettere a zero tutti i totalizzatori alla fine del lavoro. 

La macchina di Thomas non presenta sostanziali innovazioni rispetto a quella di Leibniz, ma ho voluto parlarne perché è la prima ad essere progettata in modo da poter essere costruita in piccola serie dalle nuove macchine utensili della Rivoluzione Industriale. 
Immagine dell'aritmometro: 



giovedì 16 maggio 2013

La macchina aritmetica di Poleni

La prima calcolatrice meccanica inventata e realizzata in Italia è la macchina aritmetica di Giovanni Poleni. Il progetto di quest'ultimo era quello di realizzare una macchina, a modello di quella di Leibniz, che potesse però eseguire automaticamente le quattro operazioni aritmetiche, ricorrendo ad un meccanismo totalmente originale: il "traspositore a denti variabili". Questo meccanismo consente l'automazione della moltiplicazione attraverso la memorizzazione del fattore sul numeratore, evitando la necessità della continua impostazione del numero. La macchina di Poleni, inoltre, si differenzia dai dispositivi precedenti per il tentativo di rendere automatico anche il funzionamento: grazie al motore a peso, infatti, Poleni ha limitato l'intervento umano alla sola impostazione del calcolo, lasciando alla macchina l'esecuzione del lavoro.
Purtroppo l'originale della macchina è andata perduta, ma si ha una dettagliata descrizione nel volume "Miscellanea" del 1709.





La macchina presenta un telaio aperto in legno, terminante sulla sommità con una cimasa e il lato anteriore presenta una piastra quadrata fissata al telaio in modo tale che la diagonale del quadrato sia parallela alla base della macchina. Al centro della piastra è inserito un quadrante scanalato circolare, suddiviso in nove sezioni uguali e numerate da 1 a 9; in corrispondenza di ogni numero vi è un foro all'interno del quale c'è il piolo che blocca il movimento della manovella posta al centro del quadrante. Al di sopra della piastra quadrata si trova il totalizzatore composto da sei quadranti circolari disposti ad arco, ognuno dei quali presenta due finestrelle per la visualizzazione del numeratore. Al di sopra del numeratore si trova un'altra manovella che comanda, attraverso le tre ruote dentate situate sul lato posteriore, lo spostamento degli ingranaggi per la selezione del numeratore nelle operazioni di moltiplicazione e divisione. L'elemento centrale della macchina è costituito dal traspositore a ruota con numero variabile di denti, ovvero una ruota i cui denti sono spostabili manualmente in modo tale da permettere la selezione della ruota dentata del numeratore da ingranare. Il funzionamento della macchina è azionato da un motore a peso, costituito da una corda, avvolta su un cilindro, alla quale è appeso un peso per mezzo di un sistema di pulegge.
Per utilizzarla bisogna caricare il motore a peso avvolgendo la corda sul cilindro e impostare la cifra da operare utilizzando il piolo da infilare nei fori del quadrante e la manovella sul quadrante. Successivamente, bisogna selezionare manualmente i denti del traspositore per l'impostazione delle rotelle dei totalizzatori da ingranare e liberare la caduta del peso. L'unico problema è il fatto che la macchina può compiere le operazioni su numeri al massimo di tre cifre.
La macchina di Poleni conobbe in Europa una certa notorietà nei decenni successivi: infatti, è descritta e raffigurata nel "Theatrum Arithmetico-Geometricum" di Jacob Leupold e in "Versuch einer Geschichte der Rechenmaschine" di Johann Bischoff.

martedì 14 maggio 2013

La Stepped Reckoner di Leibniz

Ispirato dalla macchina di Pascal, Leibniz realizza nel 1671 una calcolatrice meccanica in grado di effettuare le quattro operazioni: la Stepped Reckoner (calcolatrice a scatti). Il matematico tedesco presentò un modello di legno di questa macchina alla Royal Society di Londra nel 1673 e fu incoraggiato ad ultimare il suo progetto.
La Stepped Reckoner è lunga circa 67 cm, è costruita in ottone lucido e acciaio ed è montata in un case di rovere. È composta da due parti parallele unite tra di loro: un accumulatore posto sul lato posteriore della macchina, in grado di contenere fino a 16 cifre decimali, e una sezione di input, a 8 cifre, collocata anteriormente. La sezione di inserimento dei numeri è composta da 8 manopole con le quali è possibile inserire il numero su cui operare; è presente anche una manopola alla destra della sezione di input, chiamata "moltiplicatore", che permette di selezionare il numero da moltiplicare e il calcolo viene poi eseguito girando la manovella posizionata sul lato anteriore della macchina. La sezione di input è montata su binari e grazie alla rotazione di una manovella posizionata a sinistra è possibile spostarla lungo la sezione dell'accumulatore, allineando ogni cifra dell'operando ad una cifra dell'accumulatore. Inoltre, il risultato viene visualizzato cifra per cifra sulle 16 caselle di output dell'accumulatore e vi è una sezione in cui viene indicato il riporto e un meccanismo di azzeramento. Dunque, la macchina può sommare o sottrarre un numero a 8 cifre a/da un numero a 16 cifre, moltiplicare due numeri a 8 cifre e ottenere un risultato fino a 16 cifre e dividere un numero a 16 cifre per un divisore di 8 cifre.
L'addizione e la sottrazione vengono eseguite tramite un giro di manovella, mentre le operazioni di moltiplicazione e divisione vengono eseguite cifra per cifra sulle cifre del moltiplicatore o del divisore.





 Per eseguire velocemente le moltiplicazioni e le divisioni, Leibniz inventò uno speciale tipo di meccanismo, chiamato tamburo differenziato, da cui sporgono 9 "creste" di lunghezza crescente. Una ruota dentata accoppiata al tamburo differenziato si trova in posizione relativa diversa rispetto alle creste del tamburo, che agiscono su di essa come denti di un ingranaggio. Così, con un giro del tamburo, è possibile fare compiere alla ruota dentata accoppiata una rotazione variabile e quindi incrementare, in un solo colpo, di più unità la cifra rappresentata dalla ruota; ruotando in senso inverso, la cifra sarà sottratta. Il fatto che la ruota dentata permanga nella posizione impostata permette di "memorizzare" il numero e, quindi, di moltiplicare e dividere operando una successione di somme e sottrazioni. Il numero di addizioni o sottrazioni consecutive è controllato da una lancetta posizionata sul quadrante del moltiplicatore, che ha 10 fori nella sua circonferenza, numerati da 0 a 9. Per eseguire una moltiplicazione o una serie di somme è sufficiente girare la lancetta sul quadrante in senso orario puntandola su un foro numerato e così si esegue una somma per ogni foro finché la lancetta non torna al punto di partenza. Lo stesso funzionamento si ha per le operazioni di sottrazione e divisione ma in questo caso la lancetta dovrà essere girata in senso antiorario.

lunedì 13 maggio 2013

Operazioni con la pascalina

Tramite la Pascalina è possibile eseguire le operazione aritmetiche di addizione e sottrazione, utilizzando anche il riporto: infatti, ogni ruota, fino alla penultima a sinistra che è quella delle decine di migliaia, al termine di ogni giro completo segnala il riporto, tramite ingranaggi, alla ruota successiva che effettua uno scatto in senso orario memorizzando il valore. 
-Somma: supponiamo di voler sommare 12 e 28: si rappresentano i due numeri tramite le ruote dentate. Si opera nel seguente modo: prima si ruotano di 1 scatto le decine e di 2 scatti le unità,  dopo si ruotano di 2 scatti le decine e di 8 scatti le unità. È da notare il fatto che alla fine dell'ultimo passo la ruota delle unità avrà compiuto un giro completo e dunque segnalerà il riporto alla ruota della decine, la quale aggiungerà uno scatto e la calcolatrice segnerà il numero 40. 
Prima di passare alla seconda operazione è necessario azzerare la macchina: si assegnano ad ogni ruota gli scatti mancanti ad arrivare a 9 e così si ha un nove in ogni fessura superiore e successivamente si effettua un ulteriore scatto alle unità, che trasmetterà un riporto che per un effetto a catena si trascinerà fino alla sesta ruota a sinistra, azzerando la macchina. 
-Sottrazione: la Pascalina faceva le sottrazioni come somma di numeri negativi utilizzando il metodo del complemento a 9 del sottraendo. Supponiamo di voler sottrarre da 82 il 27: si sposta verso l'alto la barra, si ruota di 2 scatti le decine e di 7 scatti le unità, in modo che la macchina indicherà il numero 72 che è il complemento a 9 di 27. Questo numero va sommato a 82 dopo aver riabbassato la barra e azzerato lo strumento, procedendo con il metodo della somma. Il risultato mostrato è 154 e sommando 1 a 54 avremo finalmente 55.

sabato 11 maggio 2013

La pascalina


La prima vera precorritrice della moderna calcolatrice è la pascalina, inventata nel 1642 dal matematico francese Blaise Pascal. Ebbe molta notorietà grazie all'accurata descrizione contenuta nell'Encyclopédie, che la rese il punto di riferimento per la realizzazione molte calcolatrici successive. 






La macchina si presenta come un parallelepipedo di ottone e su una superficie laterale di questo parallelepipedo sono applicate sei ruote dentate collegate ad ingranaggi interni alla scatola. 









Ogni ruota rappresenta in maniera incrementale da destra verso sinistra la rappresentazione di una cifra di un numero: avremo all’estrema destra le unità, successivamente le decine e così via fino alle centinaia di migliaia per la sesta ruota a sinistra. Inoltre, tutte le ruote sono dotate di una numerazione statica, rappresentata da un cerchio esterno più grande, e da una dinamica, rappresentata da un cerchio interno, entrambe numerate da 0 a 9. Puntualizzo che con il termine “dinamica” si intende il fatto che i numeri si muovano insieme alla ruota e cambino dunque la loro orientazione rispetto allo spettatore. Nella parte superiore alle ruote troviamo le sei fessure corrispondenti alle sei ruote ed queste indicano il valore che ha assunto la relativa ruota fino a quel momento durante i calcoli. Muovendo la barra sottostante le sei fessure, verso l’alto, copriamo quest’ultime per scoprirne altre. Il totale delle dodici fessure scoprono i valori di sei rulli cartacei.



venerdì 10 maggio 2013

L'orologio calcolatore di Schickard

Il primo tentativo convincente di costruire uno strumento di calcolo automatico è da attribuire al matematico tedesco Wilhelm Schickard: infatti, egli progettò e costruì nel 1623 il primo vero meccanismo calcolatore. Per fare questo utilizza una versione rotante dei bastoncini di Nepero e una trasmissione ad ingranaggio che era basato sul movimento di ruote dentate collegate ad un indicatore a 6 cifre. 


Questo macchinario, detto orologio calcolatore, era in grado di eseguire somme e sottrazioni grazie ad un sistema di propagazione del riporto con una rotella ad un solo dente; questo sistema creava però notevoli problemi con riporti multipli a causa dello sforzo impresso alle varie rotelle. Questo era il motivo per cui il suo strumento non andava oltre le 6 cifre; in caso di cifre superiori, aveva previsto un set di anelli da indossare sulle dita dell'operatore per "memorizzare" il riporto oltre le cifre consentite dal calcolatore. Inoltre, un campanello suonava ogni volta che il superamento avveniva, per avvertire l'operatore di mettere un altro anello sulle dita.          
Schickard costruì il primo esemplare e ne commissionò un altro per Giovanni Keplero, ma un incendio li distrusse e quindi del primo esemplare non rimane traccia, se non gli schizzi del progetto che Schickard aveva inviato a Keplero. Solo nel 1956 è stato ritrovato il progetto nel quale Schickard indicava anche come costruire lo strumento; grazie a questo, è stato possibile ricostruire l'invenzione nel 1960.

martedì 7 maggio 2013

I bastoncini di Nepero

Dopo l'introduzione del nuovo sistema numerale arabo si svilupparono dei metodi di calcolo basati su di esso, come i bastoncini di Nepero(detti anche virgulae numeratrices): questi sono stati inventati da John Napier intorno al 1617 e sono basati sul principio della moltiplicazione araba.
Nella versione più semplice, questi bastoncini sono asticelle, spesso costruite con avorio, su ciascuna delle quali sono incisi i primi multipli di un numero, con le decine e le unità divise da una barra obliqua. Accostando i bastoncini corrispondenti a diverse cifre, fino a comporre un certo numero, e sommando le cifre, che risultano adiacenti nelle diverse righe, si ottiene facilmente la tabellina dei multipli del numero in questione.
Questi bastoncini possono essere considerati come una generalizzazione della tavola pitagorica, che rappresenta le tabelline, e verrano utilizzati, anche se con piccole varianti, per le addizionatrici meccaniche al fine di trasformarle in macchine "moltiplicatrici".
Infine, uno strumento che può essere considerato un perfezionamento dei bastoncini di Neplero sono i regoli di Genaille-Lucas.
P.S.: Ho spiegato questo argomento, anche se non si tratta di una macchina, perché sarà alla base di alcune macchine calcolatrici e spiegarlo dopo avrebbe confuso le idee.

Immagine dei bastoncini:



lunedì 6 maggio 2013

Il progetto di un calcolatore di Leonardo da Vinci

Per un periodo si pensò che l'inventore della prima macchina calcolatrice fosse Leonardo da Vinci: infatti, si trovarono due suoi lavori sconosciuti chiamati "Codice di Madrid", che raffigurano uno strano macchinario concepito per effettuare calcoli con il sistema decimale. Però, i critici sostengono che la macchina non fosse pensata come un calcolatore con capacità generali, ma solo come "ratio machine".
Questa macchina doveva funzionare in questo modo: ogni dieci giri della prima rotella avviene un giro della seconda, arrivando a 13 potenze quando si giunge ad attivare l'ultima. Però, per come veniva rappresentata la macchina nel disegno, le forze di attrito avrebbero impedito il funzionamento di essa e quindi non la si può considerare la prima macchina calcolatrice.

domenica 5 maggio 2013

Come si utilizza l'abaco

Dopo aver raccontato com'è fatto l'abaco e la sua storia, voglio 
spiegare come si fanno leoperazioni con questo strumento. Questa 
volta però lo farò tramite un video: www.youtube.com/watch?v=pabZmQjSO_A&feature=em-share_video_user .
Purtroppo ho trovato solo questo video che è in spagnolo, ma si capisce comunque molto bene.
Buona visione!

L'abaco

Per quanto riguarda i calculi, si passò ad assegnare ai sassolini indistinti un diverso valore a seconda di dove venivano posizionati; questo è il principio che stava alla base delle tavole di conto. Nella forma più semplice, queste tavole erano dei supporti su cui erano segnati alcuni simboli e i sassolini raggruppati vicino a un simbolo indicavano tante volte la quantità corrispondente a quel simbolo. Il piano di lavoro, cioè la tavola per i conti, viene ora a costituire l'elemento fondamentale, scavalcando l'importanza dei calculi
Queste tavole venivano comunemente indicate con il termine abaco, che deriva dall'antica parola ebraica abaq, il cui significato probabilmente è "polvere", "ricoprire di polvere" o "togliere la polvere", per il fatto che sopra di essa veniva sparsa della polvere. Infatti, l'abaco era una semplice tavola di metallo, marmo o legno, ricoperta di polvere o di sabbia per essere incisa con uno stilo o con le dita; si annotavano i risultati parziali dei calcoli e i numeri da ricordare tracciando delle linee. Con il passare del tempo si sviluppò una rappresentazione numerica posizionale: la tavoletta viene divisa in righe e colonne e venivano incise delle scanalature alle quali erano attribuiti i valori delle unità, delle decine, delle centinaia e così via, partendo da destra verso sinistra. In seguito si apportarono delle modifiche alla struttura dell'abaco, in quanto si introdussero dei bottoncini che erano fissati alla tavoletta, ma potevano scorrere lungo le scanalature.



L'abaco aveva il difetto strutturale di rendere difficili e lunghe le rappresentazioni e la lettura di un numero che avesse molte posizioni decimali e ciò era dovuto a una mancanza di spazio; questi problemi emergevano quando si dovevano compiere operazioni aritmetiche che richiedevano di rappresentare contemporaneamente due numeri e i risultati parziali delle varie operazioni. Infatti, il matematico Zhu Zaiyu affermava, per esempio, che: "per l'estrazione di radice serve un abaco con 81 posizioni decimali e 567 palline, oppure occorre utilizzare contemporaneamente quattro o cinque abachi normali".
Inoltre, dopo la traduzione in latino dei trattati di algebra e aritmetica del persiano Al-Khwarizmi e dopo la pubblicazione del Liber Abaci (1202) di Pisano, vennero introdotte in Occidente le nove cifre indiane e il simbolo 0 (zero). L'adozione del nuovo sistema numerale, però, fu molto lenta e per questo motivo convissero per diversi secoli l'utilizzo dell'abaco con la numerazione romana e la nuova aritmetica con le cifre indiane. In nuovo sistema di numerazione posizionale in base dieci, gradualmente, rese obsoleta l'adozione dell'abaco come strumento di conto perchè il nuovo sistema utilizzava meno simboli con una resa migliore. Per questi motivi, a partire dal XVI secolo, l'uso dell'abaco divenne in Europa sempre più raro, fino a scomparire definitivamente.
Soltanto in alcune scuole primarie si utilizza ancora per insegnare ai bambini calcoli semplici.

I primi modi di contare..quando non c'era ancora la tecnologia!

Fin dai tempi dei Sumeri, intorno al IV millennio a.C., gli strumenti più utilizzati per effettuare conteggi in Occidente erano dei piccoli sassi: infatti, risultava molto più pratico maneggiare dei sassolini, al posto degli oggetti che si dovevano contare, ed effettuare i calcoli tramite i raggruppamenti e gli spostamenti di questi. Non è un caso che la parola "calcolo", che deriva dal latino calculus, significhi proprio "sassolino". L'utilità di questo strumento però veniva a cessare quando i numeri utilizzati erano tanto grandi. Per eliminare questo problema si passò alla costruzione di raggruppamenti: secondo un sistema numerico decimale, si considerava un certo numero di sassolini, prima una decina, poi un centinaio e successivamente un migliaio, in modo da poter valutare con maggior velocità le grandi quantità di oggetti. Per distinguere gli ordini di grandezza si potevano attuare particolari accorgimenti: si potevano costruire pietruzze di forme diverse, dove a dimensioni più grandi si facevano corrispondere valori sempre più alti, oppure i sassolini potevano assumere un determinato valore a seconda di dove venivano posizionati.
Invece, è provato che in Cina si utilizzava un metodo diverso: infatti, venivano utilizzati i numeri a bastoncini. Questi bastoncini di bambù, di legno o di avorio, venivano maneggiati su una tavola con suddivisioni in righe e colonne e il vantaggio del loro uso consisteva nella facilità e nella rapidità con cui si potevano leggere i numeri. I numeri da uno a cinque erano rappresentati allineando rispettivamente da una a cinque linee, verticali oppure orizzontali. Dal numero sei in poi si utilizzava un bastoncino orizzontale sotto al quale se ne aggiungevano di verticali, fino a rappresentare il numero nove. Arrivati alla decina si ricominciava ad utilizzare singoli bastoncini disposti in verticale.

Cos'è la matematica?

Prima di iniziare a parlare della tecnologia nella matematica, volevo aprire una breve parentesi riguardante la definizione di questa materia.
Se cerchiamo sul dizionario scopriamo che la parola"matematica" deriva dal greco mathema, traducibile con i termini "scienza" o "apprendimento", e mathematikos, che significa "desideroso di apprendere", e attualmente con questo termine si designa la disciplina che si occupa dei procedimenti che consentono di impostare e risolvere i problemi.
Secondo me, però, la definizione migliore di questa materia è: "la matematica è la sola scienza esatta in cui non si sa mai di cosa si sta parlando né se quello che si dice è vero", celebre frase di B. Russel, un filosofo e matematico inglese. Infatti, analizzando questa definizione, capiamo subito che la matematica è una scienza, e più precisamente, è una scienza formale, cioè il suo studio non procede per via sperimentale, ma per via logico-deduttiva; inoltre, è esatta, nel senso che è un sapere dedotto esclusivamente mediante le regole della logica formale, e in matematica non ha importanza come viene definito un oggetto perché non esistono la certezza e

 la verità assolute.



Altre frasi famose, che definiscono la matematica, sono:

-"La matematica è l'alfabeto nel quale Dio ha scritto l'universo" di Galileo Galilei
-"Il linguaggio della matematica si rivela [...] un dono meraviglioso che non comprendiamo nè meritiamo" di Eugene P. Wigner.
-"La matematica è la vita degli dei" di Novalis.
-"La matematica è più di una forma d'arte" di Takakazu Seki

Abbecedario

E ora un po' di lettere e parole del vocabolario matematico!

A come Abaco
B come Bessel
C come Coseno
D come Derivata
E come Equazione
F come Funzione
G come Geometria
H come Helena Rasiowa
come Integrale
L come Limite
come Misura
come Numero
come Operazione
come Problema
come Quoziente
come Radice
come Statistica
come Trigonometria
come Uguaglianza 
come Vettore
come Zero.

Mappa concettuale



Questa è una mappa concettuale in cui sono presenti il tema del blog e altri cinque argomenti che mi sono venuti in mente pensando ad esso. Il mio blog tratterà di tutte queste cose e altro ancora!

Una piccola introduzione


BENVENUTI!

Sono una studentessa del Politecnico di Torino che sta seguendo il corso "Storia della Tecnologia" tenuto dal prof. Vittorio Marchis e quest'ultimo ha proposto di creare un blog riguardante un argomento legato alla tecnologia. Essendo molto interessata alla matematica, ho deciso di trattare in questo blog il rapporto tra essa e la tecnologia nel corso dei secoli.

Durante questi mesi  caricherò immagini, video e documenti e spesso farò riferimento al libro "Apologia di un matematico" di G.H. Hardy.















Spero che questo blog soddisfi la vostra curiosità e il vostro interesse.

Buona lettura!

Giulia Rocca.